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Farmaci ipocolesterolemizzanti e demenza

La terapia ipocolesterolemizzante nell’anziano è tuttora argomento ampiamente dibattuto e rappresenta spesso una sfida per il clinico (1), come già discusso nelle pagine di questa rubrica.
La letteratura degli ultimi anni ha inoltre approfondito il delicato e complesso aspetto del rapporto fra terapia ipolipemizzante e funzione cognitiva.


Le statine sono di gran lunga i farmaci ipolipemizzanti più utilizzati e il loro effetto di inibire la sintesi di colesterolo potrebbe in teoria avere un impatto significativo sul sistema nervoso centrale e sulla funzione cognitiva.
Le evidenze provenienti dall’epidemiologia in questo contesto non sono concordi (2): alcuni lavori originali e revisioni della letteratura mostrano effetti protettivi della terapia, mentre altri sollevano dubbi in merito alla sicurezza di questi agenti; tale ambivalenza fa riferimento al ruolo, altrettanto incerto, del colesterolo come fattore causale per l’insorgenza di demenza (3).


Un recente lavoro sperimentale ha affrontato un aspetto particolare dell’effetto delle statine sulla funzione cognitiva, partendo da un ampio database epidemiologico di una popolazione canadese dell’Ontario (4). Si è studiata l’associazione temporale fra assunzione di statine e rischio di sviluppo di demenza in pazienti che avevano subito un trauma con concussione cerebrale. Lo studio, di tipo osservazionale prospettico, ha analizzato i dati provenienti da 28.815 soggetti anziani con diagnosi di concussione cerebrale, ricavati dai database amministrativi, nell’arco di tempo di 20 anni e con un periodo minimo di follow up di tre anni.
La popolazione studiata aveva un’età mediana di 76 anni, con una prevalenza del 61.3% di pazienti di sesso femminile. 7.058 di questi (24.5%) hanno ricevuto terapia con statine nel periodo immediatamente posteriore all’evento. Non venivano riportate differenze significative al basale fra i pazienti trattati e non.


In un periodo di follow up medio di 3.9 anni dopo l’episodio di concussione, 4.727 pazienti (pari a circa un sesto) hanno sviluppato demenza. L’elaborazione statistica dei dati raccolti ha mostrato un effetto protettivo del 13%, significativo anche se non eclatante, nei soggetti trattati con statine. Tale effetto protettivo risulta essere indipendente dalle caratteristiche del paziente, sembra più marcato con statine idrofiliche e non si osserva allo stesso modo in pazienti che hanno subito un diverso tipo di trauma (distorsione della caviglia).


Questo interessante lavoro, ancorché riferito ad un sottogruppo estremamente peculiare di pazienti a rischio di sviluppare demenza, fornisce un contributo estremamente stimolante a questo controverso argomento.
Lo studio non è in grado di fornire spiegazioni dirette sui meccanismi neuroprotettivi delle statine. Questi potrebbero coinvolgere una riduzione dell’edema post-traumatico, ma anche azioni antiossidanti e protettive nei riguardi della neuroinfiammazione e della deposizione di amiloide. La possibile presenza di effetti biologici multipli, che potrebbero anche essere, almeno in parte, indipendenti dagli effetti sulla colesterolemia, è in grado di fornire una spiegazione in merito alle discrepanze osservate negli studi che hanno analizzato gli effetti delle statine sulla funzione cognitiva e, in taluni casi, sulla incidenza di demenza (2). Un dato che emerge in modo abbastanza coerente dall’analisi della letteratura è, in ogni caso, la assenza di effetti protettivi nelle forme conclamate e avanzate di malattia.


Il recente ingresso nella pratica clinica degli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, una proteina in grado di modulare l’attività dei recettori per le LDL, ha fornito ulteriori spunti di interesse sull’argomento. Da un lato, è stato dimostrato che i livelli di PCSK9 sono aumentati nel liquido cefalo-rachidiano di pazienti con malattia di Alzheimer (5). D’altro canto si è sospettato che gli effetti così marcati sul metabolismo del colesterolo e sui livelli circolanti di LDL potessero associarsi a conseguenze sfavorevoli sulla funzione cognitiva.
Recentemente, è stato realizzato un sottostudio ad hoc di un trial clinico che ha utilizzato evolocumab, anticorpo anti-PCSK9, per valutare in modo analitico gli effetti di questo farmaco sulla funzione cognitiva, utilizzando una testistica specifica (6). I dati di questo studio hanno escluso differenze significative fra soggetti trattati e non trattati, e non hanno mostrato associazioni fra modificazioni dello stato cognitivo e livelli di colesterolo LDL.

In conclusione, risulta difficile formulare affermazioni certe e documentate sul rapporto fra trattamento ipolipemizzante e modifiche della funzione cognitiva, anche considerando la estrema limitatezza di dati della letteratura specificamente pertinenti. Sicuramente ci attendiamo che la terapia ipolipemizzante condotta precocemente, anche prima del raggiungimento dell’età considerata come geriatrica, possa avere effetti benefici soprattutto se inquadrata in un intervento multifattoriale che tenga conto dell’adozione di uno stile di vita sano (nella misura in cui sia praticabile) e del trattamento degli atri fattori di rischio cardio e cerebrovascolare (7). Il trattamento di pazienti con demenza avanzata non trova invece una giustificazione clinica razionale (1).
D’altro canto, il raggiungimento di valori di colesterolo LDL estremamente bassi per azione di farmaci molto efficaci, quali gli inibitori di PCSK9, sembra essere relativamente sicuro.
E’ auspicabile, considerando la difficoltà estrema di condurre trials clinici controllati in questo contesto, che studi osservazionali condotti in contesti di “real life”, metodologicamente corretti, possano portare maggiore chiarezza su questo argomento, destinato a divenire sempre più rilevante considerando l’epidemiologia della nostra popolazione e le sue proiezioni future.

Prof. Marco Bertolotti
Unità Operativa di Geriatria
Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze
Università di Modena e Reggio Emilia – Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena

Bibliografia

  1. Bertolotti M, Lancellotti G, Mussi C. Management of high cholesterol levels in older people. Geriatr Gerontol Int. 2019 May;19(5):375-383. doi: 10.1111/ggi.13647. Epub 2019 Mar 22. Review. PubMed PMID: 30900369.

  2. Schultz BG, Patten DK, Berlau DJ. The role of statins in both cognitive impairment and protection against dementia: a tale of two mechanisms. Transl Neurodegener. 2018 Feb 27;7:5. doi: 10.1186/s40035-018-0110-3. eCollection 2018. Review. PubMed PMID: 29507718; PubMed Central PMCID: PMC5830056.

  3. Wood WG, Li L, Müller WE, Eckert GP. Cholesterol as a causative factor in Alzheimer’s disease: a debatable hypothesis. J Neurochem. 2014 May;129(4):559-72. doi: 10.1111/jnc.12637. Epub 2014 Jan 2. Review. PubMed PMID: 24329875; PubMed Central PMCID: PMC3999290.

  4. Redelmeier DA, Manzoor F, Thiruchelvam D. Association between statin use and risk of dementia after a concussion. JAMA Neurol. 2019 May 20. doi: 10.1001/jamaneurol.2019.1148. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 31107515; PubMed Central PMCID: PMC6537780.

  5. Zimetti F, Caffarra P, Ronda N, Favari E, Adorni MP, Zanotti I, Bernini F, Barocco F, Spallazzi M, Galimberti D, Ricci C, Ruscica M, Corsini A, Ferri N. Increased PCSK9 cerebrospinal fluid concentrations in Alzheimer’s disease. J Alzheimers Dis. 2017;55(1):315-320. PubMed PMID: 27662294.

  6. Giugliano RP, Mach F, Zavitz K, Kurtz C, Im K, Kanevsky E, Schneider J, Wang H, Keech A, Pedersen TR, Sabatine MS, Sever PS, Robinson JG, Honarpour N, Wasserman SM, Ott BR; EBBINGHAUS Investigators. Cognitive function in a randomized trial of evolocumab. N Engl J Med. 2017 Aug 17;377(7):633-643. doi: 10.1056/NEJMoa1701131. PubMed PMID: 28813214.

  7. Qiu C, Fratiglioni L. Aging without dementia is achievable: current evidence from epidemiological research. J Alzheimers Dis. 2018;62(3):933-942. doi: 10.3233/JAD-171037. Review. PubMed PMID: 29562544; PubMed Central PMCID: PMC5870011.

 

2 Agosto 2019 | L'Opinione degli Esperti

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